IL MODELLO OSCILLATORIO MANDERÀ IN PENSIONE IL CONCETTO DI OMEOSTASI?

La comprensione delle dinamiche legate alla fisiologia ed alla patologia ha richiesto negli anni la strutturazione di precisi modelli teorici. Fra questi, il paradigma dell’omeostasi ed il concetto di “equilibrio” risultano essere le posizioni più accettate e condivise. Tuttavia, a causa di diverse lacune emerse nel tempo, alcuni scienziati sono sul punto di mettere in discussione tali vedute e a chiedersi se simili “dogmi biologici” governino realmente le dinamiche legate all’essere vivente.

IL PUNTO DI ROTTURA

Nel 2017 gli autori Alan Garfinkel, Jane Shevtsov e Yina Guo, nel libro “Modeling life. La matematica dei sistemi biologici” hanno delineato uno schema di pensiero che nega, almeno in parte, le regole dell’equilibrio e dell’omeostasi. In questi giorni, a qualche anno di distanza, in “The Journal of Physiology” è stato pubblicato un lavoro di Lingyun Xion, ricercatrice del Dipartimento di Biologia e Fisiologia Integrativa dell’UCLA, la quale ripropone una posizione molto simile a quella di Garfinkel e colleghi.
L’autrice, basandosi su teorie di dinamica non lineare, biologia computazionale e imaging quantitativo, ha tentato di approfondire la natura spazio-temporale dei diversi fenomeni legati alla salute ed alla malattia, evidenziando precisi schemi all’interno dei sistemi biologici che oggi consideriamo vincolati all’omeostasi.

NATURA, CORPO UMANO ED OSCILLAZIONI

Un essere vivente è caratterizzato dalla capacità di auto-organizzazione. In questo contesto, la nozione di equilibrio inteso come raggiungimento e mantenimento continuo di livelli fissi ed ideali, potrebbe non bastare. Secondo il gruppo di scienziati, più che di equilibrio occorrebbe riferirsi ad oscillazioni di stato, costanti ed a determinata periodicità.
In natura infatti, tutto (o quasi) presenta uno stato di oscillazione: la nostra biologia (es. ormoni, temperatura, glicemia, attività mitocondriali, reti neurali, etc.), le popolazioni dell’ecosistema, la termodinamica, addirittura i mercati economici sono soggetti a oscillazioni peridodiche e ripetitive.
La stessa biodiversità viene garantita da oscillazioni di specie, aspetto che consente ad organismi antagonisti di condividere lo stesso spazio nel medesimo tempo o di spostare le loro popolazioni nel tempo, come una sorta di gioco carta-forbici-sasso. Si tratta, dunque, di riconsiderare un fenomeno ben conosciuto e da sempre presente in natura. Ma nel concreto, in cosa differiscono le due visioni?

DOTTRINA DELL’OMEOSTASI

Il caposaldo fondamentale della dottrina dell’OMEOSTASI è il raggiungimento di un punto di equilibrio stabile all’interno dell’organismo, che di per sè è un sistema dinamico e variabile. Secondo questa visione quando il sistema devia dal punto di equilibrio, i circuiti di feedback negativo sono in grado di riportare la condizione raggiunta ad uno stato di equilibrio iniziale.
Fin qui la teoria è chiara e condivisibile.
Tuttavia, la realtà biologica sembra evidenziare un comportano ben diverso nel corpo umano, al punto da minare la veridicità di alcuni assiomi accademici ritenuti inviolabili fino a qualche anno fa.
Da tempo si ripete che temperatura corporea risulti normale a 37°C e che la sua costanza nel tempo sia garantita dal “termostato” ipotalamico. Similmente, si ritiene che gli ormoni vengano mantenuti a livelli costanti mediante i sistemi di controllo feedback negativo gestiti da ipotalamo ed ipofisi.
Anche la glicemia risulta essere regolata a partire da mecccanismi a feedback negativo, dipendenti dalla secrezione di insulina da parte del pancreas.
Ora, nonostante non vi sia alcun dubbio sull’esistenza di una regolazione fisiologica in questi sistemi, non sembra essere altrettanto vero che le regolazioni fisiologiche necessarie al sostentamento siano vincolate su valori di equilibrio.
Ad esempio, la temperatura corporea interna può normalmente oscillare con un’ampiezza di ~1°C nell’uomo e fino a ~3°C nei topi, i livelli degli ormoni sessuali oscillano su una serie di scale temporali distinte, mentre le concentrazioni di glucosio e insulina ematica sembrano oscillare su scale temporali di 2-10 minuti (ritmo circadiano) e 100-120 minuti (ritmo ultradiano), in cui sicuramente spicca una regolazione a feedback negativo, tuttavia contenente ritardi temporali intrinseci.

MODELLO DEI SISTEMI OSCILLATORI

Al contrario della dottrina omeostatica, dove si ritiene che la fisiologia sia fondata sul raggiungimento di punti di equilibrio stabili, la teoria dei sistemi oscillatori fonda la propria ragion d’essere sul concetto di oscillazioni stabili (Garfinkel et al., 2017; Strogatz, 2015).
Poiché in questo caso non esisterebbe un punto di equilibrio stabile e l’oscillazione risulterebbe essere il comportamento preponderante del sistema, il principio di regolazione fisiologica diventa matematicamente più complessa.
Il meccanismo regolatore infatti, non solo ha il compito di creare l’oscillazione ma anche di garantire la sua stabilità in seguito a perturbazione. Dunque, dovremmo trovarci di fronte ad una dinamica non lineare che consentirebbe di identificare meccanismi oscillatori (“pacemaking”) a più livelli corporei: cellulari, tissutali e sistemici.
Come accennato, le oscillazioni sono ovunque nei sistemi biologici. Siamo a conoscenza dei ritmi circadiani, i quali si sono sviluppati per adattarsi e trarre vantaggio dell’alternanza giorno-notte, oppure sappiamo che l’oscillazione è necessaria per l’inizio della vita (le oscillazioni del calcio intracellulare sono il primo evento successivo alla fecondazione dell’ovocita), le oscillazioni
connotano anche i processi di espresione genica ed di controllo della cancerogenesi.
Sicuramente il ruolo di altri ritmi rimane sfuggente e non chiaro, tuttavia si ritiene che la loro presenza risulti una caratteristica progettuale ed essenziale dei sistemi bio-fisiologici.

LA FISIOLOGIA DELL’OSCILLAZIONE

Le oscillazioni possiedono diverse caratteristiche e proprietà che le renderebbero idonee per nuovi modelli e dottrine biologiche:

  1. Si comportano come una modalita preferenziale di comunicazione intra- ed inter-cellulare, in grado di scongiurare effetti secondari controproducenti dovuti all’adattamento, alla saturazione del recettore ed alla tossicità della molecola segnale. Inoltre, la segnalazione oscillatoria è più resistente alle interferenze di segnale e più resistente alla corruzione delle sue informazioni;
  2. Possono riconciliare processi biologici considerati incompatibili ed accogliere processi che non possono verificarsi simultaneamente;
  3. Consentono la sincronizzazione di importanti processi biologici, combinando tante piccole azioni in un’unica grande risposta d’insieme. Un esempio lampante è caratterizzato dai mitocondri all’interno del cuore, i quali sincronizzano le loro attività metaboliche oscillatorie simultaneamente, in modo da ottenere la massima produzione di ATP nei tessuti cardiaci. O ancora, pensiamo ai vari organi secernenti del corpo (es. ipofisi e pancreas), dove le cellule producono un dato ormone e sincronizzano le loro pulsazioni microscopiche per ottenere un output macroscopico utile a potenziare la funzione fisiologica espletata dall’ormone.
  4. Promuovono la diversità cellulare e i loro modelli di formazione, pensiamo al cosidetto “orologio di segmentazione” durante lo sviluppo embrionale dei mammiferi, dove il sistema mostra un comportamento oscillatorio che coordina il tempo biologico per la formazione coordinata dei somiti, per la differenziazione neurale e la differenziazione del mesoderma cardiaco.
  5. OMEOSTASI O OMEODINAMICA?

    Se i processi oscillatori sono centrali per la fisiologia, allora dovremo dare uno sguardo nuovo alla attuale dottrina dell’omeostasi. Lingyun Xion suggerisce come tale concetto debba essere analizzato in due componenti separate.
    La prima componente è l’idea che i processi fisiologici siano regolati e devono rispondere ai cambiamenti ambientali.
    La seconda componente è che questa regolazione fisiologica NON possa assumere una forma di controllo verso un punto di equilibrio statico.
    Occorrebbbe dunque parlare di “Omeodinamica” più che di omeostasi. Tale termine è stato utilizzato in passato per cercare di combinare questa necessità di regolazione con l’idea di processi fisiologici dinamici (Lloyd et al., 2001; Soodak & Iberall, 1978; Yates, 1994). Dunque, potrebbe essere arrivato il momento di cambiare sia la terminologia sia il concetto di riferimento.

    IMPLICAZIONI PER LA SALUTE E LA MALATTIA

    Il paradigma dinamico offre un nuovo approccio ai nostri concetti di salute e malattia. Nell’omeostasi la salute ha come riferimento principale ideali livelli da mantenere o da ripristinare, mentre la malattia viene a caratterizzarsi da livelli eccessivamente bassi o alti.
    Di conseguenza, i riferimenti per una buona terapia risiederebbero nella somministrazione di agonisti (se i livelli sono troppo bassi) o antagonisti (se i livelli sono troppo alti), un aspetto che potrebbe essere valido negli interventi salva-vita di pronto intervento e terapia intensiva.
    Al contrario la concezione dinamica della salute, vista secondo l’ottica dei processi oscillatori, si chiede se questi livelli si trovino nei giusti intervalli dinamici e se siano adeguatamente sincronizzati o anti-sincronizzati con gli altri processi oscillatori corporei. In quest’ottica, la malattia può manifestarsi come una perdita di oscillazione (Knobil et al., 1980; Xiong & Garfinkel, 2022) e/o una perdita di sincronizzazione (Glass, 2001; Goldbeter, 2002; Noble, 2006; Tu et al. , 2005).
    Un eccellente esempio dell’inevitabile differenza/conflitto fra le due visioni può essere estrapolato sulle recenti teorie patofisiologiche della depressione.
    Il criterio omeostatico ha portato per anni ad inquadrare la depressione come un’inevitabile conseguenza dei bassi livelli di serotonina. Questa concezione ha portato a sua volta a elaborare interventi terapeutici basati sull’assunzione degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), in modo da poter ripristinare tale squilibrio.
    Tutttavia, lavori recenti hanno messo in dubbio queste teorie e il corrispettivo modus operandi. Una meta-analisi ha sottolineato, in particolare, come non esistano prove coerenti dell’esistenza di un’associazione tra serotonina e depressione. In merito a questo studio, il New York Times ha aggiunto come i farmaci comunemente prescritti per la depressione sono in qualche modo efficaci, ma non per la loro capacità di correggere il fantomatico squilibrio chimico (Moncrieff et al., 2022; Smith, 2022).
    La teoria dinamica delle oscillazioni invece, elabora un quadro radicalmente diverso rispetto alla patofisiologia e cura della depressione. Secondo recenti studi, è stato suggerito come in una precisa area del cervello, l’abenula, l’innescarsi di una aberrante attività oscillatoria, ovvero, l’aumento significativo dell’attività burst di una determinata popolazione neuronale, induca comportamenti simili alla depressione (es. disperazione comportamentale, anedonia).
    La depressione potrebbe dipendere in modo critico da una modalità di attivazione a determinate frequenze dei neuroni caratterizzati dalla predenza di recettori per l’NMDA e canali del calcio, di tipo T, sensibili alla bassa tensione (Yang et al., 2018). A corroborare tale ipotesi si sono aggiunte prove circa gli effetti dall’assunzione di ketamina.
    Tale farmaco, bloccando i recettori NMDA è stato in grado di abolire le oscillazioni aberranti ed è riuscita a migliorare il quadro clinico e comportamentale degli individui affetti dal disturbo.

    CONCLUSIONI E DOMANDE

    Per concludere, da quanto detto si può notare come non tutti gli schemi oscillatori cooperino alle funzioni fisiologiche e potrebbero essere evidenziati sempre più schemi oscillatori appartenenti a condizioni patologiche e disfunzionali.
    Tra le oscillazioni negative ricordiamo ad esempio alcuni meccanismi alla base dell’insorgenza dei tremori muscolari nel parkinson, nell’ictus, nelle malattie demielinizzanti o nei disturbi della conduzione cardiaca (es. curve di restituzione nella fibrillazione ventricolare).
    Ora, se il modello si confermasse vero, cosa cambierebbe nei nostri approcci clinici? Possiamo considerare queste posizoni un ulteriore invito ad concepire la vita e la fisiologia come un insieme altamente coordinato di processi biologici sincronizzati? Ed infine, possiamo affermare che lo stesso concetto di oscillazione e di “omeodinamica”, proposta dall’autrice, possa essere assimilata al concetto di allostasi?
    Buona lettura e spazio alle considerazioni.

    FONTI:
    Garfinkel, Alan, Jane Shevtsov, and Yina Guo. Modeling life: the mathematics of biological systems. Springer International Publishing AG, 2017. DOI 10.1007/978-3-319-59731-7
    Xiong, L., & Garfinkel, A. (2023). Are physiological oscillations physiological?. The Journal of Physiology. https://doi.org/10.1113/JP285015
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    Dott. Antonio Pranzitelli
    Fisioterapista Osteopata